Terzo appuntamento dedicato ai The Police: oggi parliamo di "Synchronicity".
Pubblicato nel 1983, "Synchronicity" è il quinto album in studio della band e, senza dubbio, il suo prodotto di maggior successo. Considerato unanimamente il lavoro più maturo del trio inglese, il disco si configura come un perfetto mélange di brani accuratamente strutturati e sapientemente stratificati. Laddove i precedenti album avevano lasciato spazio a momenti di minore impatto, qui l'attenzione si mantiene alta per tutta la durata del disco, dandoci l'impressione che ogni suono, ogni nota, sia esattamente al suo posto. Se da un lato il trio accantona (solo in parte) le influenze reggae dei primi album, dall'altro recupera la filosofia del "less is more", cercando il più possibile di evitare le sovraincisioni che avevano caratterizzato il precedente "Ghost In The Machine". A occuparsi nuovamente della parte audio è Hugh Padgham, che vede nel costante confronto con i membri della band il motore per la creazione di un capolavoro. A dominare le tracce è il sapiente utilizzo di sintetizzatori e sequencer, come il Synclavier e l'Oberheim (quest'ultimo programmato personalmente da Sting, che sceglie di portarlo ai suoi limiti), su cui Copeland mette a punto le sue ritmiche distintive e Summers tesse la trama dei suoi arrangiamenti. Il titolo dell'album, così come parte dei suoi contenuti, prende ispirazione dal libro "Le radici del caso" (1972) di Arthur Koestler, che riprende il concetto di sincronicità descritto da Carl Jung. Secondo la sua teoria, tra due eventi che avvengono simultaneamente, apparentemente in modo casuale, esisterebbe un legame sul piano del significato. L'album si apre proprio su questo concetto, con l'esplosione di "Synchronicity I", caratterizzata dalle poliritmie di Copeland, su cui si muovono imprevedibili gli arpeggi di Summers. Ed ecco che, in uno scenario tribale che rimanda alla world music, emerge il beat percussivo del sequencer di "Walking in Your Footsteps", in cui Sting mette simpaticamente a paragone uomini e dinosauri sul loro destino. Ritroviamo un'atmosfera simile anche in "A Tea in Sahara", ispirata al romanzo “Il tè nel deserto” di Paul Bowles, sulla storia di due sorelle in attesa di un principe arabo. Dopo il ritmo sostenuto di "O My God" si apre una parentesi bizzarra e sconvolgente: il cantato straziante di Summers riversa tutta la sua frustrazione contro le madri oppressive in "Mother", un brano contraddistinto da un ritmo dispari e da un'atmosfera soffocante che lascia l'ascoltatore spiazzato. La canzone viene scritta in modo ironico e con una vena di follia da Summers, ma solleva ugualmente controversie da parte della critica, che in larga parte lo considera il peggiore pezzo del disco al momento della sua pubblicazione. "Miss Gradenko" e "Synchronicity II" chiudono il lato A dell'album e lasciano il posto al classico per eccellenza dei The Police: "Every Breath You Take". Con il suo indimenticabile arpeggio di chitarra, il brano conquista sin dalle prime note e rimane immediatamente impresso, dandoci la sensazione di conoscerlo da sempre. Il testo è stato descritto da Sting stesso come la dichiarazione d'amore di uno stalker, ossessionato dalla donna amata a tal punto da toglierle il respiro. Un altro momento memorabile ce lo regala "King of Pain", un brano drammatico sulla solitudine e sul dolore, scritto da Sting dopo la separazione dalla moglie. In seguito alla sua pubblicazione, "Synchronicity" raggiunge la prima posizione sia nella classifica inglese che in quella americana, riuscendo a superare il dominio fino ad allora incontrastato di un altro album storico, "Thriller" di Michael Jackson (1982). Oltre al plauso quasi unanime della critica per l'efficace commistione di generi e per le sperimentazioni sonore, ai Grammy Awards del 1984 ottiene tre premi, tra cui l'ambito Album of the Year. Con il Synchronicity Tour tra il 1983 e il 1984 la band raggiunge l'apice della sua fama, diventando di fatto la band più popolare dell'epoca. Tutto questo non è sufficiente però per porre rimedio alle tensioni tra i tre musicisti, che durante le registrazioni del disco sfociavano spesso in scontri fisici e verbali. Con l'idea di intraprendere ognuno un percorso solista, Sting, Summers e Copeland decidono di separarsi nel marzo del 1984 (faranno un breve ritorno in occasione dei Grammy del 2007 per poi annunciare lo scioglimento definitivo nel 2008).
Per concludere questo percorso non possiamo che lasciarvi alle note della sempre straordinaria "Every Breath You Take". Buon ascolto!