Terzo appuntamento con i Joy Division: oggi parliamo di "Closer".
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Pubblicato nel 1980 dopo la morte di Ian Curtis, "Closer" si presenta come la sua ultima disperata confessione, ancora più intima e profonda di "Unknown Pleasure". Come Sumner racconterà , per Curtis era come se le parole si scrivessero da sole durante la stesura dell'album, preso dalla terribile sensazione di trovarsi in un vortice che lo stava tirando giù, affogando. Registrato a Londra e prodotto nuovamente sotto la direzione di Martin Hannett, il disco raggiunge un suono che "Pitchfork" ha definito "sepolcrale", e lo rispecchia perfettamente la foto della tomba della famiglia Appiani del cimitero di Stagliano in copertina. La canzoni incluse in questo progetto appartengono a due periodi diversi, alcune composte nel 1979 e trainate dalle chitarre di Sumner, altre scritte nel 1980 e caratterizzate da un maggiore uso di sintetizzatori. Al primo appartiene "Atrocity Exhibition", in cui le percussioni tribali di Morris fanno da sfondo ai riff di Hook e Sumner, che per questo brano invertono i loro ruoli rispettivamente di bassista e chitarrista. Ancora una volta Hook esprime la sua insoddisfazione nei confronti di Hannett, accusato di attenuare eccessivamente l'abrasività del suono delle chitarre, ma questa volta il produttore lo liquida con maggiore indifferenza, consapevole di stare elevando la musica dei Joy Division a uno standard del tutto innovativo per la storia del rock. Al secondo periodo più elettronico appartiene invece "Isolation" in cui la tastiera di Sumner si muove su un drum beat elettronico arrangiato da Morris, in un incastro che sembra anticipare il sound dei futuri New Order. L'impotenza di Curtis di fronte a una realtà che non fornisce più appigli di speranza è veicolata dalle spettrali "Colony" e "A Means To An End". Ma in questo percorso tra gli abissi dell'animo umano, Curtis porta l'ascoltatore ancora più a fondo con le funeree "Heart and Soul", "24 Hours" e "The Eternal", concludendo il viaggio con "Decades", in cui il cantante indaga gli effetti della guerra sulle giovani generazioni costrette a combattere. Un discorso a parte merita "Love Will Tear Us Apart", pubblicata nel giugno 1980, un mese dopo la morte di Curtis, che mette al centro delle sue liriche il difficile rapporto con la moglie, in un brano reso memorabile da un riff che i Joy Division riprendono da una band di Manchester quasi sconosciuta. Dopo la tragica morte di Curtis, la band decide di riformarsi e darsi un nuovo nome: nascono così i New Order, che prendono solo in parte le distanze dal precedente progetto scegliendo di combinare post-punk e musica dance e diventando una delle band più acclamate degli anni '80'.
La tragedia di Curtis lascia alla musica un testamento di inestimabile portata e oggi non possiamo fare altro che onorarne la memoria con la storica "Love Will Tear Us Apart".